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UNA CLASSE PER I RIBELLI

di Michel Leclerc

Con Leïla Bekhti, Edouard Baer, Ramzy Bedia, Eye Haidara, Baya Kasmi, Tom Lévy, Jacques Boudet.

Titolo originale La lutte des classes. Commedia (colore). Durata 103 min. Francia 2019 (Satine Film)

UNA CLASSE PER I RIBELLI

 

Una classe per i ribelli

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Sofia, brillante avvocato di origine magrebina, e Paul, batterista di un gruppo anarco-punk, si trasferiscono in una casetta con giardino nella periferia parigina, a Bagnolet, col sogno di dare il meglio a loro figlio Corentin: una scuola pubblica, democratica e multiculturale.

Quando, però, gli altri genitori cominciano a spostare i figli in un istituto privato, isolando sempre più il loro piccolo, la scelta di Sofia e Paul diventa una difficile scelta di resistenza, e tutto e tutti sembrano allearsi per metterla sempre più in crisi.

Il regista Michel Leclerc e la sceneggiatrice Baya Kasmi sono partiti dalla loro esperienza di genitori nella stessa Bagnolet, ai tempi dell’attentato alla sede di Charlie Hebdo, per immaginare un’escalation tragicomica in cui l’ideale di sinistra di accoglienza e rispetto delle idee altrui dà luogo ad una deriva del politicamente corretto e ad un labirinto di tabù e contraddizioni tali da mettere in ginocchio anche gli esponenti più laici e progressisti della generazione dei quarantenni con figli.

Il tocco di classe, che avevamo già apprezzato in Le nom des gens, è chiaramente il punto di vista interno, e mai dall’alto o giudicante.

Paul e Sofia sono personaggi emblematici dei dilemmi e delle incoerenze del nostro tempo, in quanto coppia mista, di sinistra e benestante, attenta a non escludere ma anche e soprattutto a non essere esclusa, specie se in questione ci sono la felicità del proprio figlio e il suo accesso alle migliori opportunità.

Due protagonisti adulti bobó (noi diremmo radical-chic) che non puntano il dito contro i loro vicini diversi – sarebbe troppo facile – ma vengono umoristicamente accerchiati dalle difficoltà pratiche contro cui vanno in fretta a scontrarsi tutti i loro ideali.

Così, quando Corentin torna da scuola e riferisce che il compagno musulmano gli ha detto che chi non crede va all’inferno, Sofia si reca della mamma del compagno di suo figlio per chiarire la questione, ma si ritrova di fronte allo specchio infrangibile del suo stesso pensiero: quello secondo cui un buon genitore deve insegnare al proprio bambino a dire sempre la verità, per quanto spaventosa possa suonare.

Mentre gli adulti si affannano a fare i conti con le esigenze della tolleranza, il revisionismo del proprio passato e i paradossi dell’invenzione di un linguaggio che non offenda nessuno (esilarante il personaggio della maestra, angosciata e incomprensibile) i piccoli stanno guardare, riflettendo le loro assurdità e raddoppiando l’effetto comico.

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