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THE GREAT BUSTER

di PETER BOGDANOVICH

Con Peter Bogdanovich, Mel Brooks, Bill Hader, Werner Herzog, Buster Keaton..

Titolo originale THE GREAT BUSTER. DOCUMENTARIO (colore). Durata 101 min. USA 2018 (Cineteca di Bologna.)

Un documentario che ripercorre le tappe della carriera di Buster Keaton.
THE GREAT BUSTER

Per celebrare in coro il grande attore e regista del muto Buster Keaton, il critico e regista Peter Bogdanovich raccoglie tutti i film restaurati a disposizione dalle cineteche e raduna i testimoni più vicini anagraficamente ma anche quelli, come lui, pieni di ammirazione.

The Great Buster: A Celebration è il titolo originale di questo profilo biografico di taglio tradizionale che però, in ossequio al dinamismo di Keaton, è anche una cavalcata a spron battuto in oltre mezzo secolo di attività nello spettacolo.

Nato in una famiglia di attori di vaudeville che già da bambino lo coinvolgevano nella loro arte, scagliandolo come un “proiettile umano”, Joseph Frank Keaton (1895-1966) cresce apprendendo l’arte dell’intrattenimento in quella forma originaria e artigianale com’era intesa e praticata nell’era pre-cinema. Sarà infatti l’illusionista Harry Houdini, compagno di palco dei genitori di Keaton, a soprannominarlo “buster” (caduta, capitombolo), suggerendogli così la gag che lo renderà più riconoscibile e amato. L’altro elemento che lo caratterizza con decisione è l’espressione del viso sempre estremamente statica e immobile, tra il malinconico e il corrucciato.

Eppure “The Great Stone Face” (faccia di pietra) che si era dato la regola di non sorridere mai, mostrerà, nel passaggio dal muto al sonoro e poi nell’ultima, anche inaspettata fase della sua carriera, una plasticità sorprendente (eccezionale il suo contributo artistico all’advertising televisivo, riscoperto dal film) e la capacità di controllare una solida recitazione drammatica. Come nel raro cortometraggio Film di Alan Schneider, scritto da Samuel Beckett, e occasione che, con sua stessa sorpresa, lo vedrà celebrato, nell’era Chiarini, alla Mostra del Cinema di Venezia 1965, a seguito, nel 1960, dell’Oscar speciale alla carriera (meglio sarebbe dire “tardivo”, basta vederlo in azione nei pochi secondi di apparizione in Viale del tramonto o con Chaplin in Luci della ribalta).

Il regista di Paper Moon traccia come sempre in parallelo anche un piccolo saggio di storia del cinema, tra analisi critica di alcune sequenze, in osservazione della costruzione della scena, e rilievi biografici che ne determinarono la carriera: matrimoni sbagliati, la parentela imbarazzante con Roscoe “Fatty” Arbuckle, il rapporto con gli studios rispetto al controllo produttivo, fino alla caduta nella depressione e nell’alcolismo. Ma l’aspetto più rilevante di The Great Buster è nell’eredità (molto spesso non riconosciuta) che Keaton ha lasciato ai posteri, con la grandezza di chi ha compreso e affinato le leve dell’azione e dell’emozione. Non è un caso che in incipit, in un’apparizione televisiva Frank Capra ricordi come il declino degli “artisti di pantomima” fu provocato dall’arrivo del sonoro e dei cartoon.

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