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The Birth of A Nation

di Nate Parker

Con Nate Parker, Armie Hammer, Mark Boone Jr., Colman Domingo, Aunjanue Ellis, Dwight Henry, Aja Naomi King, Esther Scott, Roger Guenveur Smith, Gabrielle Union, Penelope Ann Miller, Jackie Earle Haley.

Titolo originale The Birth of A Nation. Drammatico (colore). Durata 119 min. usa 2016 (fox)

Nat Turner, uno schiavo letterato e predicatore del Sud prebellico, orchestra una rivolta.
The Birth of A Nation

Fin dalla nascita Nat porta sul corpo i segni che, secondo la cultura africana, servono a designare un capo. È il 1909, e Nat vive in una piantagione di cotone in Virginia insieme alla madre e alla nonna, dopo che il padre è dovuto fuggire per aver compiuto un atto di ribellione verso un mercante di schiavi. La proprietaria della piantagione intuisce nel bambino un’intelligenza spiccata e decide di insegnargli a leggere usando come testo la Bibbia. Nat diventerà un predicatore per la comunità degli schiavi della piantagione e gli schiavisti bianchi gli affideranno il compito di predicare l’obbedienza ai sottoposti neri, tenendo a bada ogni loro eventuale velleità di insubordinazione.
The Birth of a Nation è provocatorio fin dal titolo, lo stesso della pietra miliare del cinema muto diretta da D.W. Griffith, che dava largo spazio alla rappresentazione del Ku Klux Klan come controllori di un ordine sociale messo in pericolo dall’integrazione dei neri in America. La “nazione” cui si riferisce invece il titolo del film diretto, scritto, prodotto e interpretato dall’afroamericano Nate Parker quasi cent’anni dopo quello di Griffith, è invece quella costituita dalla comunità nera che acquisisce consapevolezza di sé e si riconosce come comunità politica. Il primo passo nella costruzione di quella “nazione”, secondo Parker, è proprio la decisione del primo schiavo ribelle, Nat Turner, di guidare una sanguinosa rivolta contro gli schiavisti che opprimono lui e i suoi fratelli e sorelle neri.
The Birth of a Nation è un’opera ambiziosa e Parker, alla sua prima regia, sorprende per l’assoluto coraggio di affrontare temi di vasta portata e di grande attualità, a cominciare dall’utilizzo opportunistico dei testi religiosi, interpretabili nei modi più divergenti ed utilizzati per supportare le più diverse cause, più o meno nobili. Il potere incendiario delle sacre scritture, così come il loro potenziale utilizzo per mantenere l’ordine (o la diseguaglianza) sociale; la capacità delle religioni di “giustificare o condannare qualsiasi cosa”; e il modo in cui Nat passa dal perpetuare la sottomissione ad incitare alla rivolta usando la parola di Dio come invito all’azione, sono di assoluta rilevanza in questa epoca di fondamentalismi.
Ma il ritratto dei bianchi come invariabilmente corrotti, sadici e violenti (con l’unica eccezione del padrone di Nat, Sam, che è “solo” debole e ubriacone) crea un’escalation di rabbia e rancore che contiene in sé una considerevole pericolosità sociale in un clima già razzialmente polarizzato. Parker fa soprattutto leva sul potere demascolinizzante della schiavitù che ha “spezzato gli uomini” rendendoli imbelli in quanto priv(at)i della loro dignità maschile. E se questa riflessione è storicamente ed eticamente corretta, il suo utilizzo esasperato in un film di largo appeal popolare richiede un’assunzione di responsabilità da parte del suo autore che rischia di fomentare un clima giustizialista già ben presente nella società americana attuale.
La pietra di paragone è evidentemente 12 anni schiavo, ma Parker non ha la capacità di astrazione simbolica di Steve McQueen e i dialoghi, la recitazione, la costruzione delle scene di The Birth of a Nationnon hanno la destrezza autoriale del regista britannico. C’è certamente un’energia vitale e una rabbia compressa dietro ogni immagine di The Birth of a Nation e il risultato è un film potente per l’argomento che tratta e per la maniera diretta in cui è raccontato, ma non cinematograficamente innovativo o memorabile.
Tutta la seconda parte del film sembra aderire alla messinscena western, compreso il finale alla Il mucchio selvaggio o alla Butch Cassidy and the Sundance Kid, e l’incessante escalation di violenza e vessazioni prepara il terreno per la ribellione finale non tanto in termini di attendibilità storica quanto di efficacia cinematografica. Una scelta premiante dal punto di vista dell’appeal popolare (tant’è vero che The Birth of a Nation ha vinto il Premio del pubblico al Sundance Film Festival, oltre al Gran premio della giuria), meno da quello del valore storico o artistico.

Programmazione film
PROGRAMMAZIONE
TERMINATA