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Silence

di Martin Scorsese

Con Liam Neeson, Andrew Garfield, Adam Driver, Ciarán Hinds, Tadanobu Asano, Rich Graff, Shin'ya Tsukamoto, Ryô Kase.

Titolo originale Silence. Drammatico (colore). Durata 160 min. usa 2016 (01)

Silence

1633. Due giovani gesuiti, Padre Rodrigues e Padre Garupe, rifiutano di credere alla notizia che il loro maestro spirituale, Padre Ferreira, partito per il Giappone con la missione di convertirne gli abitanti al cristianesimo, abbia commesso apostasia, ovvero abbia rinnegato la propria fede abbandonandola in modo definitivo. I due decidono dunque di partire per l’Estremo Oriente, pur sapendo che in Giappone i cristiani sono ferocemente perseguitati e chiunque possieda anche solo un simbolo della fede di importazione viene sottoposto alle più crudeli torture. Una volta arrivati troveranno come improbabile guida il contadino Kichijiro, un ubriacone che ha ripetutamente tradito i cristiani, pur avendo abbracciato il loro credo.

Martin Scorsese ha impiegato quasi trent’anni per portare sul grande schermo il romanzo “Silenzio” dello scrittore giapponese di religione cristiana Shusaku Endo, basato in parte sulla storia di personaggi realmente esistiti come Padre Christovao Ferreira e il gesuita italiano Giuseppe Chiara, su cui Endo ha modellato il personaggio di Padre Rodrigues.

Uno dei numerosi fattori che rendono Martin Scorsese uno fra i più grandi e affascinanti registi viventi, è il fatto che non rientra negli schemi. Che sia l’opera magna su un folle truffatore cocainomane che si crede Dio, una cruenta e concitata parabola gangster, una variopinta esplorazione degli albori del Cinema, un doloroso dramma ottocentesco o le visionarie origini del Dalai Lama, il linguaggio del nostro muta e sorprende costantemente, così come mutava, al tempo, il linguaggio di quello che è forse il più grande regista della Storia del Cinema: Stanley Kubrick.

E così, traendo spunto dall’omonimo romanzo di Shūsaku Endō, il Maestro di Little Italy ci consegna questa volta la fluviale e rilucente opera a lungo covata sul silenzio di Dio e sulla sofferenza dei suoi seguaci in terra, e lo fa con uno stile e un linguaggio che non potrebbero essere più distanti dallo Scorsese nevrotico e travolgente che conosciamo e tanto amiamo, uno sguardo che ricorda per austerità, rigore ed essenzialità il Cinema di Bresson ma anche, a tratti, la spoglia poetica di Satyajit Ray e di quel Rossellini che tanto ha influenzato e che tanto continua a influenzare il nostro, autore questa volta di un film potente e sorprendente che non offre risposte facili ma che pone anzi tanti complessi e fondamentali quesiti, e dal quale si esce scossi e addolorati, inerti e ancora una volta paralizzati dinnanzi all’oscuro mistero di quella Fede che traina molte delle nostre vite ma che rischia anche di allontanarci dalla retta via, affondandoci e facendoci compiere la scelta sbagliata per noi ma soprattutto per quel prossimo che la parola di Gesù Cristo ci insegna che dovremmo sempre rispettare e difendere, ma che troppo spesso viene fraintesa o trascurata per il nostro ego o per i nostri interessi se non, nel peggiore dei casi, in nome del sopruso e della violenza, basti ripercorrere i mille anni di sangue sparso in nome di Dio e Religione, dalle Crociate alla Notte di San Bartolomeo passando per gli abomini della Santa Inquisizione.

Perché così come lo spaventoso e irreversibile confronto con il corpo di una persona che ha lasciato questa terra, l’incontro con Dio, volenti o nolenti, è un momento al quale prima o poi ci troveremo tutti a fare i conti, un mistero che non potremo mai risolvere e del quale non potremo mai raccontare i dettagli a nessuno, ma dinnanzi al quale è bene arrivare preparati. Lo stesso mistero, in definitiva, col quale si ritrovava a fare i conti in vita e soprattutto dinnanzi alla Morte anche l’angustiato e vulnerabile Cristo interpretato da Willem Dafoe in quello splendido, coraggioso e intelligentissimo film che era ‘L’Ultima Tentazione di Cristo’, primo tormentato incontro di Scorsese con il Messia e sorta di prologo spirituale di ciò che si troveranno a fronteggiare loro malgrado questi giovani padri e tutti quei martiri che capiranno forse troppo tardi che la natura e il credo di un popolo molto difficilmente si possono cambiare, e che in una palude, come si ripeterà più volte, poco importa quanto grandi siano gli sforzi e quanto incrollabili la Fede e la forza di volontà, nulla potrà mai attecchire.

E che meraviglia ritrovare, in un film di performance mirabili e memorabili, un Liam Neeson così grande e ispirato, degno contraltare del padre gesuita e novello Cristo terreno sublimemente interpretato da Andrew Garfield, che dona l’acqua della vita ad un personaggio sfaccettato e contraddittorio fino al momento della fine nonché perfettamente coerente al nutrito gruppo di tragici (anti)eroi delineato negli anni dal poliedrico e sconfinato genio di Scorsese, artefice del più grande catalogo di sconfitti ed emarginati della società e del mondo, tutti diversi e al tempo stesso tutti affini, costantemente uniti nella sfida contro un destino superiore a loro e impossibile da eludere e sconfiggere. E poco importa di quei lievi problemi di ritmo e di tenuta riscontrabili specialmente nella parte centrale, le opere dei Maestri si prendono come sono, e si ringrazia umilmente. Perché Dio sarà anche silente, ma la Bellezza dell’opera scorsesiana non è mai stata così fulgida ed eloquente.

La lentezza nel concretizzarsi del progetto è derivata non solo dalle innumerevoli difficoltà produttive e defezioni del cast (che un tempo comprendeva Daniel Day-Lewis e Benicio del Toro) ma soprattutto dal fatto che, come ha dichiarato lui stesso, il regista non era pronto a cimentarsi in modo così diretto con il tema che gli sta più a cuore: il rapporto dell’uomo con la fede. Un tema che aveva già affrontato esplicitamente in almeno due film, L’ultima tentazione di Cristo e Kundun, ma che a ben guardare sottende tutta la sua opera.

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