Con Pili Groyne, Romane Bohringer, Victoire Du Bois, Lucie Charles-Alfred, Suzanne Roy-Lerat.
Titolo originale . Drammatico (colore). Durata 90 min. Francia 2022 (Satine Film)
Camille ha sedici anni ed è incinta di quattro mesi. Nonostante lei e la madre urlino di voler restare insieme, Camille viene assegnata ad una casa famiglia. Nel centro di accoglienza per giovani gestanti, fa amicizia con Alison, una ragazza insofferente alle regole, madre della piccola Diana, ma anche con Nadine, l’educatrice, che la segue con pazienza, nonostante i tanti momenti di rabbia e di ribellione. Inizialmente Camille nega la sua gravidanza, ma col passare dei mesi qualcosa cambia, comincia ad interrogarsi sulla propria nascita, sul comportamento passato e presente di sua madre, su cosa significhi mettere il bene del bambino davanti a tutto.
Quello che non cambia, nella protagonista, è la decisione iniziale rispetto a ciò che farà una volta che avrà partorito. Questo dovrebbe fare di lei un personaggio tragico, incapace di raccogliere la seconda chance che le viene offerta, e invece non è così, perché ciò che si trasforma, in lei, al termine di un percorso di conoscenza di sé e del mondo lungo circa sei mesi, sono le motivazioni di quella decisione.
Con sguardo semi-documentaristico e con la grazia della giusta misura, Julie Lerat-Gersant affronta un argomento di cui si parla poco e male, perché scatena reazioni istintive. È l’argomento della genitorialità responsabile, dalla quale dipende in gran parte lo sviluppo psicofisico del bambino. La regista non fa proclami e non mette in scena dibattiti, preferendo collocare il personaggio di Camille al centro di un microcosmo diversificato (un modo di dire che ogni storia è un caso particolare), e da questa posizione offrirle la possibilità di vedere, e poi di misurare sulla propria pelle, man mano che la ragazzina si lascia coinvolgere, la distanza che può intercorrere tra intenzioni e comportamenti reali. Preferendo il racconto al giudizio, dunque, Julie Lerat-Gersant mette in scena un’età di passaggio, in cui il richiamo della socialità, della trasgressione, di un mondo (quello adulto) ancora tutto da esplorare può essere più potente della necessità di assumere in fretta un ruolo genitoriale.