Con Yuliya Vysotskaya, Christian Clauss, Philippe Duquesne, Peter Kurth, Jakob Diehl, George Lenz, Thomas Darchinger.
Titolo originale Ray. Drammatico, Guerra (colore). Durata 130 min. Russia, Germania 2016 ( Viggo)
TRAMA PARADISE:
Un film che è un monito: storie di vita quotidiana durante la Seconda guerra mondiale per ricordare “che questo è stato”. Rai (Paradise) è un lungometraggio sui destini incrociati di tre personaggi nel tempo triste di una guerra senza precedenti: Olga, un’aristocratica russa emigrata e ora parte della Resistenza francese; Jules, un collaborazionista francese; Helmut, un ufficiale di alto rango delle SS.
Non è uno solo, il Paradiso del film di Andrei Konchalovsky.
Perché c’è quello letterale, al quale tre personaggi – che animano le vicende del film e che, a fasi alterne, si confessano di fronte a un qualche dio giudice che, col loro sguardo dritto in macchina, il regista russo fa coincidere con lo spettatore – sperano, o forse no, di accedere.
E poi c’è il paradiso ideale cui aspirava l’aberrante utopia nazista, cui uno dei tre, giovane aristocratico divenuto ufficiale delle SS.
Nel mezzo, l’inferno della guerra, della prigionia, dei campi di sterminio. Dell’illusione di una vita tranquilla e spensierata, o di quella della forza e della possibilità di cambiare le cose.
Bianco e nero curatissimo, anche troppo, camera fissa e una messa in scena spesso più teatrale che documentaristica, Paradise non si limita a raccontare una storia, a omaggiare le tante donne russe che hanno salvato (o cercato di salvare) bambini ebrei dai campi nazisti: chiama in causa chi guarda, mette in scena posizioni complesse, raccontando sì una ricca donna russa che sacrifica tutto e, nella Parigi occupata, viene arrestata per aver cercato di portare in salvo dei bambini, ma anche un nazista capace di gesti umani e di vedere il dubbio insinuarsi nelle crepe del suo fanatismo ideologico, e un collaborazionista francese che, in fondo, è un bonaccione uscito da un romanzo di Simenon destinato a una fine rapida, brutta e forse perfino immeritata.
Questo bel personaggio interpretato da Philippe Duquesne appare in una fase ancora aurorale del film, quando viene introdotto anche quello di Olga, la nobile russa idealista, ed è con la sua scomparsa che fa la sua apparizione l’arianissimo Helmut: a quel momento in avanti, la scrittura di Konchalovsky diventa programmatica, e decisamente più ancorata ai tanti luoghi comuni del cinema su lager e nazismo. Senza contare l’implausibilità di vedere incrociarsi tante storie e tanti personaggi proprio nello stesso campo.