Con Henrik Norlén, Annika Hallin, Maxim Mehmet, Amy Diamond, Emelie Strömberg.
Titolo originale Min lilla syster. Drammatico (colore). Durata 105 min. Germania 2015 (Viggo s.r.l.)
Mercoledì 22 novembre, dopo la proiezione delle 18,30, la Dott.ssa Viviana Ottaviani (PsicoterapeutaCentro dca Palazzo Francisci) e la Dott.ssa Silvia Ferri (Coordinatrice Centro dca Palazzo Francisci e responsabile attività Associazione “Mi fido di te” onlus) interverranno e spiegheranno le ragioni, le problematiche e le soluzioni sui disturbi alimentari.
Per la piccola Stella la sorella maggiore Katja è sempre stata un modello da seguire ed emulare per la sua bellezza e le sue abilità da pattinatrice. Quando però entra nell’eccitante fase dell’adolescenza, Stella realizza che Katja soffre di disturbi alimentari e che vomita tutto ciò che mangia. Costretta a scegliere tra il raccontare la verità o mentire, vedrà la propria famiglia crollare a poco a poco mentre avrà le proprie preoccupazioni da affrontare.
La scrittrice-regista svedese Sanna Lenken aveva già attirato l’attenzione su di sé quando il suo cortometraggio Eating Lunch fu presentato in concorso al Göteborg International Film Festival 2013. Il corto affrontava i disturbi alimentari dei giovani, e la regista, che soffriva di anoressia da adolescente, torna ora a Göteborg con il suo primo lungometraggio, My Skinny Sister, che tratta lo stesso argomento e rivela l’enormità di questa malattia che raramente viene mostrata sul grande schermo
La storia è raccontata dal punto di vista di Stella (Rebecka Josephson), una bambina di dieci anni i cui ormoni stanno iniziando a entrare in azione. Sua sorella maggiore, Katja (Amy Deasismont), è una skater a livello agonistico. Stella ammira molto la sorella, imitandola nella sua passione per lo skate, e innamorandosi (come può accadere a una ragazzina di dieci anni) dell’allenatore di Katja, Jacob (l’attore tedesco Maxim Mehmet). Naturalmente, nessuna delle sue fantasie si realizza, ma scopre che la sorella è affetta da un disturbo alimentare: qualcosa che sembra una combinazione di anoressia e bulimia.
Katja minaccia di rivelare ai genitori (Annika Hallin e Henrik Norlen) il piccolo segreto di Stella qualora quest’ultima raccontasse loro della malattia. Questo porta a un circolo vizioso di manipolazione e di menzogne, che Stella decide infine di interrompere quando lo psicologo della scuola spiega che l’inedia unita allo sforzo eccessivo dello sport può portare alla morte.
La Lenken ha realizzato un film convincente e valido, che beneficia chiaramente dalla sua esperienza personale. Il modo in cui la famiglia cerca di far fronte al problema, con i genitori che hanno paura di mandare la figlia in ospedale – il che significherebbe ammettere che il problema esiste – e cercano quindi di risolverlo da soli, incapaci e disperati, è descritto con una devastante dovizia di particolari. Il film mostra quanto il disturbo sia simile alla dipendenza, e sebbene si siano visti innumerevoli film su questo tema, l’anoressia e la bulimia sono state affrontate solo poche volte sul grande schermo. Il Dragon Award for Best Nordic Film Audience Choice vinto a Göteborg è un segnale forte del fatto che, con il posizionamento corretto, il film potrebbe davvero sensibilizzare l’opinione pubblica.
Certamente, non sarebbe venuto così bene senza la regia della Lenken e le due giovani attrici, entrambe fenomenali. La Josephson è una nipote di Erland Josephson ben noto dai film di Ingmar Bergman, ed è chiaro che buon sangue non mente. La Deasismont, dal canto suo, è meglio conosciuta in Scandinavia come la pop star Amy Diamond, e recitare le viene naturale. Tuttavia, con questo film, hanno entrambe fatto un enorme passo in avanti nel mondo del cinema e ci auguriamo venga riconosciuto con dei premi. La regista e le attrici sono sicuramente un trio di talenti da tenere d’occhio.
My Skinny Sister è stato prodotto dalla svedese Tangy, mentre WIDE gestisce i diritti internazionali.
Il disagio di non sentirsi all’altezza nasconde in una tranquilla famiglia svedese, un ben più grave problema che devasta la vita ad una promettente pattinatrice classica.
Film d’esordio al cinema per la svedese Sanna Lenken, e vincitore di diversi premi, tra cui L’Orso di Cristallo-Premio del Pubblico alla Berlinale 2015, My Skinny sister, ovvero “Mia sorella pelle ed ossa”, scandisce con una certa cura il ritratto familiare di due sorelle alle prese con i rispettivi problemi legati alla crescita e al compimento dei rispettivi obiettivi: problematiche magari sotto gli occhi di tutti, evidenti ma decisamente meno gravi, ed altre più strategicamente celane che possono rivelarsi davvero pericolose e problematiche. Stella è una bambina grassottella di buon carattere, che vive con passione, ma anche con un senso di malinconica incapacità a rassegnarsi alla propria inadeguatezza, il successo sportivo che invece contraddistingue la vita della sorella maggiore: bella, aggraziata, molto portata per il pattinaggio artistico, ove spera di sfondare entrando a far parte della squadra nazionale.
Tanto carina, ambiziosa e perfetta l’una, quanto goffa e ingenua l’altra. Se la piccola cerca inutilmente di emulare la sorella iscrivendosi con poco successo ad un corso base di pattinaggio, e cercando di farsi notare dall’avvenente allenatore trentenne della sorella, di cui quest’ultima è invaghita senza remore, l’altra invece nasconde scientemente e con una certa abilità i suoi gravi problemi di alimentazione: una vera e propria anoressia/bulimia che la spinge a vomitare poco dopo tutto ciò che mangia, e a non accettarsi più ritenendosi sempre troppo grassa.
Stella, la piccola, scopre tutto, ma deve decidere se tradire la promessa-ricatto sottopostale dalla sorella, o invece tenere tutto per sé quel segreto che sta mettendo a repentaglio la vita della sorella.
Il film parte bene, spigliato e deciso nel raccontare il sentimento di ineguatezza che avvolge Stella man mano che la sorella si avvia verso una carriera colma di soddisfazioni e riconoscimenti: una sorta di nuova Abigail Breslin de Little Miss Sunshine, riveduto e corretto in terra svedese ed in ambito agonistico-sportivo.
Poi la vicenda vira verso la malattia vera, quella celata dalla sorella maggiore.