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Il viaggio

di Nick Hamm

Con Timothy Spall, Colm Meaney, Freddie Highmore, John Hurt, Catherine McCormack, Toby Stephens, Ian McElhinney, Ian Beattie.

Titolo originale The Journey. Drammatico (colore). Durata 94 min. Regno Unito 2016 (Officine UBU)

Il viaggio

Nel 2006 il governo britannico ottenne un risultato storico, mettendo il sigillo definitivo agli accordi di pace nell’Irlanda del Nord, dopo una guerra civile durata decenni con un altissimo numero di vittime (oltre 3000 alla fine degli anni Sessanta, alla fine del periodo più turbolento, i cosiddetti Troubles). Per farlo però, c’era bisogno di convincere a far parte di un governo congiunto i due maggiori partiti della regione, da sempre irriducibili nemici: Il Partito Unionista Democratico del pastore presbiteriano Ian Paisley, e Sinn Féin, rappresentato dal leader Martin McGuinness, che era stato uno dei capi storici dell’IRA, il braccio armato del partito repubblicano. Due opposti estremismi e due contrastanti visioni del mondo, incarnate in due uomini duri e puri che nemmeno si parlavano. Fatalità volle che prima dell’accordo, i due avversari tornassero insieme a Belfast con un jet privato, per permettere a Paisley di partecipare ai festeggiamenti per il suo cinquantesimo anniversario di matrimonio. McGuinness si offrì volontariamente di accompagnare il rivale. Nessuno sa cosa di dissero, ma venne trovata un’intesa in seguito alla quale Ian Paisley divenne primo ministro e McGuinness suo vicepremier nel governo di coalizione. Non solo, tra di loro si creò, se non un’intima amicizia, una forte complicità che fruttò loro il nomignolo di The Chuckle Brothers, da una coppia di comici inglesi.

Il tempo trascorso insieme in quel viaggio è lo spunto che permette al brillante scrittore e sceneggiatore Colin Bateman di immaginare una storia con cui risponde alla domanda che a volte anche noi ci siamo posti: se due uomini tutti d’un pezzo, che stanno dai lati opposti della barricata – e qua non parliamo di politica degli inciuci ma di un’epoca di aspri e reali contrasti – sono costretti a stare insieme, magari da soli, che fanno? Si parlano, si ignorano, si insultano? Cosa si dicono? Nella finzione il viaggio si fa in macchina, in uno spazio ristretto e di maggiore intimità, che permette inoltre una durata del film quasi in tempo reale col tempo di percorrenza, ed è orchestrato da un agente di sicurezza del governo inglese, Harry Patterson (interpretato da John Hurt in uno dei suoi ultimi ruoli) con la complicità di un suo sottoposto che si finge autista e che deve favorire in qualche modo la creazione di un rapporto tra i due, impresa all’apparenza impossibile. McGuinness sembra più disposto a parlare, ma Paisley respinge sdegnosamente i suoi tentativi di approccio, fino a che un incidente e una deviazione attraverso un bosco li costringe ad avvicinarsi e a fare, almeno a parole, i conti col proprio passato.

Un argomento così delicato era ad alto rischio di urtare molte suscettibilità o di dare vita a un futile esercizio di stile, diventando una favoletta irrispettosa per la sofferenza delle vittime di un conflitto terribile. Invece la qualità della scrittura, i dialoghi (occhio a quello sull’Esorcista, si ride ma la risposta finale di Paisley è raggelante), l’umorismo delle battute e delle situazioni, le trovate e soprattutto il livello della recitazione ne fanno un piccolo miracolo e un film che non si può non amare. Su tutto e tutti giganteggia Timothy Spall in un altro dei suoi perfetti ritratti: se, come speriamo, vedrete il film in originale, per fare un confronto coi manierismi, la voce, la risatina di Paisley basta guardare l’originale su youtube. Ma non è solo la mimesi che ci colpisce in questo gigante della recitazione (siamo convinti da sempre che gli attori britannici non abbiano rivali al mondo), è la sua capacità di far affiorare il lato umano di un personaggio tanto sgradevole e odioso nel suo bigottismo e nella sua presunzione.

Colm Meaney è bravissimo (e somigliante a McGuinness) ma, come accadde anche nella realtà al vero protagonista, più gravato di sensi di colpa e meno ambizioso, non può far altro che fare da ottima spalla al collega. E se John Hurtci riscalda il cuore ogni volta che appare sullo schermo, sia pure dietro le quinte della storia, Freddie Highmore è la dimostrazione che non esistono piccoli ruoli per grandi talenti. Grandioso nella sua interpretazione del giovane Norman Bates in quella impareggiabile serie tv che è Bates Motel, sfoggia anche qua, nel ruolo del terzo incomodo, cioè dell’autista che deve porta i vip in aeroporto, un carisma e una bravura che incantano.

Il viaggio, diretto senza sbavature dal regista Nick Hamm, è un film sulle leggi della (vecchia) politica, sul cinismo e la durezza, la stima e il rispetto per l’avversario che permettono di superare le differenze più estreme e trovare un accordo per il bene comune, un messaggio di speranza non da poco in tempi come i nostri, dove tutti litigano su tutto e nessuno pensa ai poveri cittadini. Gli storici protagonisti della storia sono entrambi scomparsi – Ian Paisley nel 2014 e il più giovane Martin McGuinness pochi giorni fa, il 21 marzo di quest’anno – e forse si sarebbero fatti delle matte risate di fronte a questa ricostruzione fantasiosa di una storia le cui circostanze sono ormai sepolte con loro. Ma la magia del cinema è quella di inventare e immaginare alternative alla realtà: per questo, quando riesce a intrattenere lo spettatore con la creazione di una versione plausibile, anche la ricostruzione più immaginifica diventa vera.

Programmazione film
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TERMINATA