Con Luca Marinelli, Isabella Ragonese, Anna Ferruzzo, Mario Sgueglia, Federica de Cola, Miriam Karlkvist, Esther Elisha, Sara Putignano, Filippo Gattuso, Franca Maresa.
Titolo originale Il Padre d'Italia. Drammatico (colore). Durata 93 min. Italia 2017 (Good Films)
Paolo voleva diventare un falegname o un architetto, e invece fa il commesso in un megastore di arredamento preconfezionato. Da poco è stato lasciato dal suo compagno Mario, che sta provando a realizzare i suoi sogni (forse anche quelli preconfezionati) insieme a un altro uomo. Una sera, mentre Paolo va in cerca di Mario in un locale gay, incontra Mia, giovane donna incinta che sembra non sapere cosa fare di se stessa, men che meno della bambina che aspetta. Suo malgrado, Paolo si farà carico di Mia e cercherà di riportarla a casa, intraprendendo un viaggio che porterà entrambi in giro attraverso l’Italia del presente.
Fabio Mollo, al suo secondo lungometraggio di finzione dopo Il Sud è niente, sceglie il road movie e si inserisce nel solco di quello che è una sorta di genere a sé: l’incontro fra un uomo che ha paura della vita e una donna che la vita se la mangia a morsi.
I precedenti si perdono nella notte del cinema, ma Mollo si rifà esplicitamente a titoli come Qualcosa di travolgente che risalgono proprio al decennio in cui Paolo e Mia (ma anche il regista calabrese) sono nati, perché lì è stato inscritto (e si è inceppato) il loro destino.
Anche la colonna sonora contiene due brani anni Ottanta di Loredana Berté, ribelle fuggita al suo destino di diventare una signora a Bagnara Calabra, riesumati su un’audiocassetta analogica dai due nativi digitali. E Mia porta un giaccone luccicante con raffigurata una Madonna che ricorda molto più Cercasi Susan disperatamente che Nostra Signora della Misericordia.
L’errore, nel valutare Il padre d’Italia, sarebbe quello di considerarlo un pamphlet ideologico in difesa della genitorialità omosessuale, perché se anche quello fosse stato l’intento di Mollo, il risultato è infinitamente più complesso, e più in grado di cogliere lo spirito dei tempi in questa Italia dalla geografia improbabile. Le numerose implausibilità della trama (sceneggiata da Mollo insieme a Josella Porto) sono secondarie rispetto alla forza evocativa di una narrazione epidermica che racconta il presente di una generazione privata di futuro, e lo fa (finalmente) attraverso lo sguardo di un suo componente. Il padre d’Italia mostra il bisogno e la paura di appartenere a qualcuno, qualcosa o anche solo un luogo reale, parla del desiderio e dell’incapacità di accettarsi per poi accettare la direzione che prenderà il proprio destino. E incastona queste dinamiche eminentemente umane nel Paese in cui “come cazzo si fa” ad essere giovani e a ipotizzare un domani.