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Il dubbio – Un caso di coscienza

di Vahid Jalilvand

Con Amir Aghaee, Zakieh Behbahani, Saeed Dakh, Navid Mohammadzadeh, Alireza Ostadi.

Titolo originale Bedoone Tarikh, Bedoone Emza. Drammatico (colore). Durata 104 min. Iran 2017 (102 Distribution)

Il dubbio – Un caso di coscienza

Il dubbio – Un caso di coscienza

Kaveh Nariman è un medico legale che lavora in obitorio. Una sera investe accidentalmente con la sua auto una famiglia che viaggia in moto. Il bambino cade e batte la testa in modo apparentemente privo di conseguenze. A distanza di poche ore arriverà il suo cadavere. La diagnosi dell’autopsia parla di avvelenamento per botulismo ma il medico ha il dubbio che la causa possa addebitarsi all’incidente. Avrà il coraggio di chiarire la situazione?
Vahid Jalilvand cita, a sostegno della sceneggiatura che ha scritto con Ali Zarnegar, un’affermazione dello scrittore svizzero Rolf Dobelli: “I coraggiosi e gli impavidi sono stati uccisi prima che potessero trasferire i loro geni alle generazioni successive. I rimanenti, cioè i codardi e i gentili, sono sopravvissuti. Noi siamo la loro progenie”.
È del coraggio delle proprie azioni che questo film ci parla e, in particolare, delle conseguenze che il timore di assumersi delle responsabilità può avere sulle vite altrui.
Al contempo mette a confronto, come accade anche nel più noto cinema di Asghar Farhadi, due diverse classi sociali mettendole a confronto ed indagandone le reazioni di fronte ad eventi che ne mettono in gioco l’esistenza. Kaveh non solo è un medico noto per la sua meticolosità ma è anche sposato con una collega altrettanto scrupolosa. La loro abitazione, in cui hanno appena traslocato e in cui dominano ancora gli scatoloni, denuncia il loro status economico elevato. La famiglia che deve affrontare la morte del bambino vive in condizioni di indigenza che hanno spinto il padre ad acquistare pollame a basso prezzo senza sapere che si trattava di volatili morti per malattia.

La convinzione di essere stato truffato procurando la morte al primogenito non gli dà pace. Così come non dà pace al medico l’idea di aver invece provocato il decesso anche se la causa non appare in maniera del tutto evidente. Con però un elemento che fa la differenza. Mentre il padre agisce spinto dalla disperazione e dal senso di colpa non altrettanto fa il dottor Nariman il quale tace su quanto accaduto e rinvia ciò che dovrebbe invece affrontare a viso aperto. Il film va così oltre il caso specifico per interrogarsi (e interrogarci) su quanto, in ogni società e non solo in quella iraniana, l’occultamento della verità sia un veleno diffuso dagli effetti letali

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