Con Jean-Louis Trintignant, Anouk Aimée, Souad Amidou, Monica Bellucci, Antoine Sire, Marianne Denicourt, Tess Lauvergne.
Titolo originale Les plus belles années d'une vie. Drammatico (colore). Durata 90 min. Francia 2019 (Les Films 13 - Distribuzione: Europictures)
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Jean-Louis Duroc, un tempo campione a livello internazionale di auto da corsa, si trova ora in una casa di riposo. La sua memoria talvolta vacilla ma su un punto rimane stabile: il ricordo della storia d’amore vissuta 50 anni prima con Anne Gauthier. Il figlio Antoine ne è consapevole e decide di andarla a cercare per tentare di convincerla a incontrare suo padre.
Nel 1966, al Festival di Cannes, si giocavano la Palma d’Oro un gruppo di film che fanno impressione pur attraverso la lente benigna della storia: tra gli altri, Uccellacci e Uccellini di Pasolini, Suzanne Simonin, la religiosa di Rivette, Il dottor Živago di David Lean, L’armata Brancaleone di Monicelli, il Falstaff di Orson Welles, Signore & Signori di Pietro Germi. Proprio quest’ultimo avrebbe poi condiviso il premio principale con Un Uomo, una donna, il piccolo film su un incontro tra due vedovi che lanciò la carriera di Claude Lelouch e creò il racconto di una storia d’amore a cui sia il pubblico che il regista continuano a volgere lo sguardo, anche a distanza di cinquant’anni.
È successo qualcosa che non si vede spesso, al termine della presentazione ufficiale di I migliori anni della nostra vita al Festival di Cannes 2019. Al nuovo film di Lelouch era stata riservata una Proiezione Speciale, diversa dallo slot in Concorso attraverso il quale Un Uomo, una donna aveva iniziato quel viaggio a sorpresa verso la leggenda, ma indicativa del supremo moto di affetto collettivo che la Francia e il mondo ancora riservano a quell’opera indelebile.
Alla fine della proiezione, dopo il consueto lungo applauso, la platea si è prodotta spontaneamente nel canto della melodia di Francis Lai, famosa colonna sonora del film. Anche chi non ne conosce il titolo saprà immediatamente a cosa si riferisce leggendo il celebre motivetto “cha-ba-da-ba-da…” e non è servito altro neppure ai membri del pubblico della Sala Lumiére di Cannes, una sera dello scorso maggio, per omaggiare Lelouch, Anouk Aimée e Jean-Louis Trintignant, presenti in sala.
I migliori anni della nostra vita nasce dalla stessa profonda emozione, semplice, magari anche didascalica, ma troppo forte per essere ignorata. I grandi amori, del resto, non possono non confrontarsi con il tempo: da esso sono definiti, da esso possono essere sconfitti, ma sempre con esso possono consacrarsi. L’idea di tornare in Normandia, di scoprire dove potessero essere ora Anne e Jean-Louis, continuava a stimolarlo, anche dopo 49 film e 81 anni di vita.
Rivisitare i destini di personaggi attraverso le epoche, legandoli a quelli dei loro interpreti, è un tipo di operazione che negli ultimi decenni abbiamo visto più spesso, e il cui esempio migliore è probabilmente la trilogia composta da Prima dell’alba, Prima del tramonto, e Before Midnight di Richard Linklater (che ha poi adattato il concetto dall’amore alla crescita individuale in Boyhood). Celine e Jessie sono il simbolo dell’amore capace di maturare davanti ai nostri occhi, ma c’è qualcosa di più effimero e malinconico nel modo in cui Lelouch ha appena completato la sua, di trilogia.
Già, perché di trilogia si tratta, anche se meno pulita e meno programmatica; come una grande storia d’amore, è fatta anch’essa di passi falsi ed epoche da dimenticare. Nel 1977 l’ombra dell’originale viene inseguita nel cambio di spazio oltre che di tempo, con attori americani in Un altro uomo, un’altra donna. Nel 1986, a vent’anni da Un Uomo, una donna, Lelouch per la prima volta riunisce gli amanti in un seguito malriuscito, che nel titolo italiano (Un Uomo, una donna oggi) tenta senza successo di acchiappare la contemporaneità, e in quello originale sembra meravigliarsi della sua esistenza (“già vent’anni”).
Un giro sconnesso ma immenso, dunque, che annega gli errori in quella che sembra un’eternità. Se la trilogia di Linklater del resto ci sembra racchiudere una vita intera, vale la pena ricordare che entra tutta nell’intervallo tra I migliori anni della nostra vita e il suo prequel sbagliato, con un decennio d’avanzo. Tanto vale concedersi il lusso di dimenticare, di far finta che i momenti più bassi non siano mai esistiti, come fa Lelouch oggi. Cosa ci rimane, se non soltanto i migliori sentimenti? L’opera di questo 2019 ne è compiaciuta, abbagliata, eccitata in un modo quasi infantile, che è poi in linea con ciò che il regista sostiene sull’atto finale di una vita, ovvero che dovrebbe essere il più gioioso.
Recensione di Tommaso Tocci
Jean-Louis Duroc, un tempo campione a livello internazionale di auto da corsa, si trova ora in una casa di riposo. La sua memoria talvolta vacilla ma su un punto rimane stabile: il ricordo della storia d’amore vissuta con Anne Gauthier 50 anni prima. Il figlio Antoine ne è consapevole e decide di andarla a cercare. Se Anne accetterà di recarsi a trovarlo questo forse potrà fare del bene a suo padre. Anne accetta.
Il mondo del cinema ha delle sue specificità alcune delle quali possono sembrare in contraddizione tra di loro ma, per fortuna, si tratta di una contraddizione salvifica.
Perché si può tranquillamente bypassare il fatto che nel 1986 Claude Lelouch aveva già fatto reincontrare Jean-Louis Trintignant e Anouk Aimèe (ovvero Jean-Louis Duroc e Anne Gauthier) in Un uomo una donna oggi film che non è da annoverare tra i suoi esiti migliori. I due si ritrovavano e comprendevano di non poter fare a meno l’uno dell’altra. Ma il cinema fortunatamente può anche essere memoria attiva e allora ben venga che Lelouch dimentichi e ci faccia dimenticare quel film non riuscitissimo (salvo per alcune immagini in cui si vede Jean-Louis gravemente ferito per un incidente) per proporci invece uno delle sue opere più intime e capaci di suscitare emozioni.
A un certo punto l’anziano Jean-Louis dice: “È più facile sedurre 1000 donne che sedurre la stessa 1000 volte”. Il cinema di Lelouch è stato spesso tentato dalla seduzione nei confronti dello spettatore con fasi iniziali di film in cui entravano in scena innumerevoli personaggi che andavano ad ingrossare rivoli di storie attraenti che talvolta però finivano con il disperdersi in favore di quelle principali. Questa volta il registro è totalmente differente. Basta osservare, in stato di completa ammirazione nella prima sequenza, il volto di Trintignant su cui, ripreso in primo piano, scorrono per alcuni minuti ricordi, pensieri piacevoli, vuoti di memoria senza che nessuna parola venga pronunciata, per comprendere che Lelouch ha fatto definitivamente propria la frase di Victor Hugo che dà anche il titolo al film: “I migliori anni di una vita sono quelli ancora da vivere”. Lelouch ‘vive’ questo film girato in continuità e nell’arco di soli 13 giorni.