HEVALEN – PERCHE’ SONO ANDATO A COMBATTERE L’ISIS IN SIRIA

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HEVALEN – PERCHE’ SONO ANDATO A COMBATTERE L’ISIS IN SIRIA

Introduce l’incontro Salvatore Cingari ( Docente presso Università per Stranieri di Perugia) 

A un anno di distanza torniamo ad ospitare qui a Perugia il nostro amico e compagno Davide Grasso, per la presentazione del suo libro: Hevalen. 
Offriamo alla città tutta questo appuntamento come momento di discussione e approfondimento sulla situazione curda e della guerra in Siria, ancora oggi all’ordine del giorno della discussione internazionale, ancor più a seguito dell’attacco per mano turca del cantone di Afrin e dei bombardamenti degli stati uniti di questo mese. 
Davide ed altri compagni e compagne descriveranno la situazione della rivoluzione in atto nella Siria del nord, che hanno avuto modo di conoscere con la visita solidale nel 2017; quando come delegazione del network antagonista InfoAut hanno portato la propria solidarietà alle popolazioni arabe e curde nei vari cantoni autogestiti della Siria del nord. 

Per quanto riguarda il libro scritto da Davide, preferiamo introdurlo, riportandone qui uno stralcio: 

“In origine aveva detto Bager, per spiegarmi la rivoluzione di fronte al tramonto, lo stato non esisteva. I villaggi nati in Mesopotamia erano organizzati attorno alle donne, che partorivano e allevavano i figli detenendo la centralità economica e tecnica dell’organizzazione della società. Furono i sumeri ad edificare una società fondata sull’oppressione maschile delle donne e sullo sfruttamento parassitario del loro lavoro. Cercando una giustificazione a questo ribaltamento della vita conosciuta dissero che Dio non era il tutto, ma un entità contrapposta e adirata col mondo, e si chiamarono sacerdoti. Si circondarono di guerrieri e con loro smisero di lavorare, nutrendosi del frutto del lavoro delle donne e degli altri uomini. “La città-stato fu la deviazione del fiume della storia dal suo letto millenario”. La cultura matricentrica della madre e della donna sopravvisse soltanto nei recessi delle culture popolari, condannata dai potenti: si preservò tra le figlie e le spose, tra i poveri, nei deserti e nelle campagne, sulle montagne. Quella cultura etica era nata tra il tigri e l’Eufrate, per essere poi calpestata ed emarginata. “Cultura etica?” (…) 

“Chiamiamo cultura etica” aveva detto Bager, “una cultura orientata alla risoluzione pratica dei problemi”. Un medico, aveva proseguito, “possiede un autorità perché sa cose che altri non sanno, e le può usare per la salute di tutti; ma se le usa per trarne un vantaggio individuale allora l’autorità, di per se benefica, si tramuta in dominio. Il dominio non ha come scopo la risoluzione dei problemi, ma la sopravvivenza parassitaria di alcuni a discapito di altri. È un modo per eludere i problemi e scansare le fatiche della vita, sollevandosi dalle proprie responsabilità. Rubare il frutto della fatica altrui è ingiustizia secondo tutte le culture del mondo, eppure è fondamento della cultura capitalistica e di quella patriarcale”. Il dominio assiro succeduto a quello romano, quello arabo e quello turco, infine quello inglese e francese, fino a quello attuale di stati uniti e Russia, non erano, disse, che successive tappe del dominio dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sulla donna, dalla città-stato antica allo stato-nazione della modernità capitalista. “Per questo l’alleanza tra le Ypg e le potenze che combattono i banditi è momentanea: noi intendiamo costruire una modernità democratica fondata sulla cultura etica; Stati uniti e Russia vogliono preservare la modernità capitalista, fondata sul parassitismo e sul furto per il beneficio apparente di una minoranza di esseri umani”. (…) 

“Nell’antica lingua sumera, Kur-di voleva dire uomini delle montagne. I curdi erano riusciti a sottrarsi al dominio delle città-stato trovando riparo nella natura selvaggia” aveva detto Bager alle soglie di quel tramonto. “Non abbiamo mai avuto uno stato. La cultura capitalista ci ha contaminati, ma la resistenza degli elementi etici della nostra cultura è stata rinvigorita dal partito”. (…) 

“Lo stato dei sumeri fu creato qui, in Mesopotamia. Da qui si è esteso al mondo. Oggi noi prendiamo qui in Mesopotamia, sulle nostre spalle il compito storico di sfidare la cultura del dominio”.

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