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FELICITÀ

di Micaela Ramazzotti

Con Max Tortora, Anna Galiena, Matteo Olivetti, Micaela Ramazzotti, Beatrice Vendramin.

Titolo originale . Drammatico (colore). Durata 104 min. Italia 2023 (01 Distribution)

FELICITÀ

Roma. Desirè lavora come truccatrice nei set cinematografici e da quando era adolescente ha sempre messo i soldi da parte. È ingenua e disponibile e molti se ne approfittano come il padre che la sottopone a continui ricatti morali o il compagno Bruno, un professore universitario narcisista che la fa sentire spesso inadeguata. Quando il fratello Claudio, per il quale ha firmato dei documenti su pressione dei genitori per poter pagare una Mercedes nera con cui il ragazzo avrebbe dovuto iniziare un lavoro come autista, entra in depressione, Desirè capisce che è l’unica che lo può aiutare e, per riuscirci, deve allontanarlo dalla sua famiglia che ha sempre trascurato i suoi problemi psichiatrici. E per farlo può contare solo su sé stessa.

C’è una strana vicinanza tra Felicità, debutto alla regia di Micaela Ramazzotti e Anche libero va bene con cui Kim Rossi Stuart ha esordito dietro la macchina da presa. Sono due film che mettono in discussione la figura paterna, che fanno sentire il peso delle aspettative da parte della famiglia e di come i conflitti che crea possono restare insanabili a lungo o per sempre.

Kim Rossi Stuart interpretava il padre che opprimeva il figlio. Micaela Ramazzotti invece è la vittima, che si fa in quattro per accontentare tutti e non riesce a dire di no a due uomini che la condizionano e, in modi diversi, si approfittano di lei. Da una parte c’è Max Tortora che chiede soldi, finge malori, gioca sul senso di colpa. Dall’altra parte un ottimo Sergio Rubini che mette a nudo le contraddizioni e l’egoismo del suo personaggio. “Mi cammini sempre davanti” le dice Desiré. Ed è proprio in questa distanza, in questa mancata sincronia che il suo personaggio si trova spesso da sola.

Ramazzotti recupera tracce della commedia all’italiana soprattutto attraverso il personaggio di Tortora (forse intenzionalmente fuori le righe) che eredita la meschinità di quelli di Alberto Sordi. In più c’è una scena ‘insostenibile’ – e proprio per questo uno dei momenti più riusciti di Felicità – in cui il regista Giovanni Veronesi, nei panni di sé stesso, e la troupe si prendono gioco di lui, lo truccano negli occhi per fargli esibire il suo monologo e poi gli fanno fare le piroette. Questo momento, nel modo di filmare la ‘tragedia del ridicolo’ richiama quella in cui Ugo Tognazzi mima una locomotiva in piedi su un tavolo in Io la conoscevo bene.

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