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BELLE

di Mamoru Hosoda

Con Kaho Nakamura, Toshiyuki Morikawa, Mamoru Miyano, Kenjirô Tsuda, Ryô Narita.

Titolo originale . Animazione (colore). Durata 122 min. Giappone 2021 (Koch Media, I Wonder Pictures)

BELLE

BELLE

Suzu, liceale della provincia giapponese, ha perso la madre da bambina e da allora non si è mai ripresa. Timida, distante dal padre, incapace di dichiararsi all’amico d’infanzia diventato nel frattempo il ragazzo più desiderato della scuola, Suzu ritrova la voglia di cantare – perduta da quando è orfana – grazie a U, una app scaricata da cinque miliardi di persone che permette di realizzare in un mondo virtuale le aspirazioni frustrate della vita vera. Dentro U, all’insaputa di tutti tranne della migliore amica, Suzu è Belle, cantante bellissima e amatissima.

L’incontro con un misterioso drago detto “la Bestia” cambierà ogni cosa: spinta a scoprire l’identità dell’utente che si cela dietro la Bestia, Suzu/Belle sarà costretta a uscire una volta per tutte dall’isolamento in cui da troppo tempo vive reclusa.

Il maestro dell’animazione giapponese Mamoru Hosoda adatta La Bella e la Bestia all’epoca delle app digitali e nel confronto fra reale e virtuale aggiorna la riflessione sulle maschere che ciascuno di noi indossa per offrirsi allo sguardo degli altri.

Gli occhi sono i veri protagonisti del nuovo lavoro d’animazione di Mamoru Hosoda: occhi pieni di lacrime per il dolore; occhi coperti per la vergogna di mostrarsi al proprio amore; occhi fissi e impotente di fronte a schermi sovrapposti a centinai. Occhi, ancora, che scavano nell’anima degli altri per vedere il vero io nascosto dalle personalità virtuali o imprigionato dai traumi del passato.

Il tema cardine della poetica di Hosoda resta il medesimo: la forza dei legami familiari e la loro influenza sull’identità dei personaggi. Diversamente da Mirai, però, dove il risentimento e l’affetto di un bambino nei confronti della sorellina erano proiettati nel futuro, qui l’amore spezzato di Suzu per la madre è una zavorra che risospinge la protagonista nel passato.

La voce spezzata e il canto dimenticato sono la metafora del suo dolore, della sua incapacità di uscire dalla condizione di bambina in cui la tragedia l’ha bloccata. Come in Lezioni di piano, Suzu riesce a cantare e a ritrovare la voce solamente celandosi agli occhi degli altri, prima nascondendosi sotto un tavolo durante le provo del coro di cui fa parte, poi, al cuore del racconto, interpretando un altro sé nella realtà parallela di U.

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