Con Silvio Orlando, Nanni Moretti, Silvia Nono, Pietro Moretti, Corrado Stajano, Angelo Barbagallo..
Titolo originale . Commedia (colore). Durata 78 min. Italia 1998 ()
In Aprile, come nel precedente Caro diario, Nanni Moretti (esprimendosi in prima persona e sempre annullando i labili confini fra ritratto del sé e ritratto del mondo) non esita a mostrarci il suo impegno ideologico e a vivere l’evento della paternità davanti alla macchina da presa, ma in Aprile si ha l’impressione costante che il regista non riesca a stare sul pezzo col desiderio perpetuo di stare altrove. Un personaggio coraggioso che lungi dall’essere presente agli altri, risulta però perpetuamente ego sintonico, abdicando senza soluzione di continuità agli impegni presi (il documentario sui comizi elettorali) per ritrovare infine la propria dignità registica attraverso l’universo di senso del pasticciere troskista che a sua volta, riesce a ritagliarsi nel proprio habitat e lontano dai giochi di poteri l’equazione di una serenità integrata nel “collettivo” di un musical. In realtà un documentario Nanni infine lo gira, ed è quello su sé stesso.
In questa pellicola considerata dalla critica un’opera quasi minore del regista capitolino, spesso Moretti mette a nudo le sue manie pseudo ossessive, la cui fuga centripeta coincide coi ritagli di giornale (come la rassegna finale delle copertine sconce e degli articoli polemici), mantenendo sempre un’irresistibile coerenza incoerente ascrivibile alla sua filmografia per intero. Eloquente a questo proposito la scelta di porre sotto la pubblica lente del cinematografo la nascita di suo figlio (appena dopo aver annunciato che avrebbe evitato in tutti i modi che Pietro scegliesse di fare l’attore).
Il Berlusconi che scende in campo, aprendo così la propria carriera politica, e spiega al figlio che “smetterà di aggiustare le televisioni per dedicarsi ad aggiustare l’Italia”, genera lo sfogo della sua frustrazione per la sconfitta politica con la prima (smisurata) canna della sua vita, inevitabile parallelo al barattolo di nutella a grandezza d’uomo di Bianca. Critica impietosa alla perdita di riferimento politico della sinistra italiana, il tutto sdrammatizzato dagli swing tanto cari al Maestro, a bordo dell’inseparabile vespa simbolo del suo cinema senza quartiere e di “redenzione” dal passato che lo lega a un intimissimo rapporto con la sua città natale.